Quando pensiamo all’invio dei curricula e al trattamento dei dati in fase di recruiting, il pensiero di tutti comunemente cade sul tema dell’informativa e sulla conseguente “formulina” di autorizzazione che molti candidati inseriscono nel proprio documento di presentazione.
D’altronde, il Regolamento Europeo sulla protezione dei dati (GDPR) prevede che l’intero ciclo di vita del dato del candidato debba essere soggetto a dei presidi che ne garantiscano la liceità e la sicurezza di trattamento nel contesto aziendale.
Ecco dunque che vengono in soccorso le normative del nostro Codice privacy (d.lgs. 196/2003), come da ultimo riformato, che in particolare all’art. 111 bis ricordano l’imprescindibile obbligo di fornire l’informativa da parte del soggetto selezionatore e che ci rammentano la piena utilizzabilità del curriculum spontaneo, a prescindere dalla formula autorizzativa in calce al documento stesso.
Eppure anche in questo settore la frontiera della data protection sembra aprire le strade a nuove prospettive. È di poco tempo fa la notizia che in Finlandia, precisamente a Helsinki, è stato sperimentato con successo un nuovo processo di selezione dei candidati basato sull’analisi e valutazione dei curricula “anonimi” o, per meglio dire, “pseudonimizzati”, nei quali i dati personali vengono sostituiti da un codice numerico, per lasciare spazio alle sole informazioni professionali.
Questo progetto, che sta dando esiti particolarmente performanti, è dunque l’ulteriore dimostrazione di come un’applicazione effettiva del GDPR e dei suoi principi, anche nel settore del lavoro, stia aprendo le porte a un approccio innovativo, in grado di apportare alle imprese che sapranno coglierlo un sicuro valore aggiunto.
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