Il GDPR parla chiaro: un corretto trattamento dei dati non può che passare attraverso un percorso virtuoso di trasparenza e informazione, che deve essere in grado, tra le altre cose, di garantire all’interessato di poter disporre dei suoi dati, anche tramite un esercizio effettivo dei diritti sugli stessi.
Gli artt. 12 e da 15 a 22, GDPR, in questo senso, sono categorici: all’istanza dell’interessato, il titolare deve rispondere e deve farlo tempestivamente e con precisione.
Ma quali sono le conseguenze se ciò non devesse accadere?
È questo un punto cardine del trattamento dei dati personali che, pur ponendosi apparentemente al di fuori del processo di raccolta e gestione del dato medesimo, rappresenta un passaggio fondamentale per evitare di finire sotto la lente del Garante.
Infatti, il naturale sbocco di un mancato o incompleto riscontro da parte del titolare all’istanza dell’interessato è la possibilità per quest’ultimo di presentare reclamo al Garante, circostanza da cui può poi scaturire un procedimento e una eventuale sanzione e/o misura correttiva.
Tutto quanto sopra trova, peraltro, conferma nel trend registrato nell’ultimo periodo.
Al terzo anniversario del GDPR, infatti, stando al bilancio di applicazione pubblicato lo scorso 15.05.2021, il Garante risulta avere all’attivo ben 27.192 tra segnalazioni e reclami, in cui l’ultimo trimestre, da gennaio a marzo 2021, ha registrato il record storico dall’entrata in vigore del Regolamento con ben 2.839 segnalazioni e reclami (Cfr. REGOLAMENTO UE - Il bilancio di applicazione dal 25 maggio 2018 al 31 marzo 2021 del 15.05.2021)
Se quindi l’andamento dimostra crescenti e sempre maggiori consapevolezza e interesse diffusi circa la privacy e la data protection, le imprese non possono farsi trovare impreparate.
Il segreto, dunque, per prevenire l’innesco di possibili contenziosi, parte dal saper gestire le istanze degli interessati, accompagnato al contempo dalla conoscenza degli step di un eventuale procedimento, al fine di agire correttamente in ogni sua fase.
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